State pensando di aprire una partita IVA e di lanciarvi in un nuovo business? A volte, quello che può spaventare è legato ai costi che si devono sostenere in tal senso. Quindi, è facile intuire come serva approfondire questo tema e cercare di capire quali sono le spese che incidono maggiormente in relazione all’apertura di una partita IVA.
Alla pari dei contributi previdenziali, le tasse sono tra le spese principali per una Partita IVA e a prescindere da come vanno gli affari devono essere pagate entro le scadenze, pena sanzioni e interessi. Qualora si voglia approfondire tale aspetto segnaliamo che il blog regime-forfettario.it spiega cosa succede se le tasse non vengono pagate ed espone le opzioni a disposizione delle Partite IVA per evitare le conseguenze più pesanti.
I costi fissi di una partita IVA
Diamo uno sguardo subito a quelle che sono le spese che vanno a comporre i costi fissi legati a una partita IVA. La distinzione principale è quella che intercorre tra costi di apertura e costi di mantenimento. A dispetto di quello che potrebbero pensare in molti, l’apertura di una partita IVA non comporta alcuna spesa, a meno che non siate una ditta individuale.
Il costo fisso di mantenimento, invece, si aggira intorno ai 700 euro all’anno, che sono legati alle spese per pagare un commercialista “classico”. Altrimenti, si può optare per un servizio di consulenza direttamente online: questa seconda opzione consentirà di risparmiare circa 200 euro all’anno.
Si può risparmiare su questa spesa, evitandola? Assolutamente no, dal momento che si tratta di una spesa che serve proprio a evitare di incorrere in sanzioni particolarmente salate. Come detto, l’apertura di una partita IVA non è nulla di complicato. Quindi, da dove nascono i problemi? Prima di tutto dalla scelta della tipologia di iscrizione più adatta in base all’attività che si svolge, ma è fondamentale anche approfondire il regime fiscale da adottare. Non solo, visto che un professionista come il commercialista tornerà utile anche per scegliere la gestione previdenziale a cui iscriversi, in maniera tale da poter avere le idee molto più chiare circa i contributi previdenziali che si andranno a pagare.
Come detto in precedenza, il costo di un commercialista può variare notevolmente, aggirandosi in media intorno ai 700 euro annui. Per quanto concerne le pratiche di start-up, si devono versare da 250 fino a 500 euro, somma che di solito racchiude l’iscrizione all’INPS, la SCIA al Comune, quando serve ovviamente, ma anche l’iscrizione in Camera di Commercio e il compenso per l’apertura della partita IVA. Un aspetto interessante e che merita di essere segnalato è che, una volta aperta la partita IVA, è chiaro che sarà obbligatorio presentare tutte le dichiarazioni fiscali correlate, come ad esempio il modello UNICO. In questo modo, si potrà scongiurare il rischio di subire pesanti sanzioni anche qualora il fatturato sia pari a zero.
I costi variabili
È chiaro che, al di là dei costi fissi, chi ha una partita IVA dovrà mettere in conto anche dei costi variabili, che si differenziano in relazione al regime fiscale. Quest’ultimo si suddivide in regime ordinario e regime forfettario. Tutti quei lavoratori che operano con il primo regime sono soggetti al pagamento dell’Irpef, il cui importo va da una soglia minima pari al 23% fino a toccare una quota massima anche del 43%. Discorso diverso per chi lavora in regime forfettario, visto che potrà contare su una tassazione più favorevole, pari al 15%, che poi si ridurrà fino al 5% nel corso del primo quinquennio da quando è stata avviata la nuova attività. A tali spese si dovranno sommare, come detto, pure i contributi previdenziali, il cui calcolo spiegheremo a breve. Cosa sono i contributi INPS
Come detto, è molto importante, nel momento in cui si provvede all’apertura di una partita IVA, scegliere la gestione previdenziale più adatta, sia alle proprie esigenze, che al tipo di attività che si svolge. Cosa succede se si dovesse sbagliare una simile mossa? Si dovrebbero pagare dei contributi che, facendo le cose correttamente, si sarebbero potuti evitare.
È bene mettere in evidenza come i vari contributi INPS sono diversi in base al fatto che la domanda venga presentata da un libero professionista oppure da una ditta individuale. Nel primo caso, quando non si è iscritti alla cassa previdenziale, ecco che si dovrà provvedere a pagare il costo di iscrizione alla gestione separata INPS, con il versamento dei contributi pari all’incirca al 27%, ma sarà pari a zero se il fatturato è stato nullo. Chi è già iscritto a un ordine e ad una cassa previdenziale specifica, invece, dovrà pagare dei contributi di importo fisso, che variano in base alla cassa previdenziale di cui si fa parte. Infine, bisogna ricordare come artigiani e commercianti dovranno pagare dei contributi fissi, quindi slegati rispetto alla cifra che è stata incassata, a dei contributi variabili, che si applicano in percentuale su quella parte di reddito che supera il minimale contributivo.